Castel Nuovo Fotografia VI edizione

30/08/2018

Eaux et montagnes, fleurs

Karine Maussière

C’è qualcosa di contemplativo che è in sintonia col paesaggio, che ci si misura, che parla quindi delle sue dimensioni, della sua potenza, del suo pensiero? Il paesaggio cosidetto naturale non è una semplice rappresentazione bidimensionale della natura, un paesaggio lo si contempla anche nell’attraversarlo. Perché abbiamo bisogno di coniare la parola Paesaggio? Che significa questo termine? In pittura, in Occidente, il paesaggio nasce con la prospettiva. Un’impressione e un punto di vista soggettivi fanno da pretesto iniziale. La percezione dei fenomeni entra in uno spazio matematico, la base, il foglio, la tela quadrilatera. Con l’avvento del paesaggio in Occidente, l’osservatore si tiene al di fuori, non è più Natura, è altro da questa, è colui che guarda. Philippe Descola – antropologo, autore di Al di là di natura e cultura – dirà che quello fu un momento decisivo di separazione tra natura e cultura nella nostra civiltà. Oggi questa scissione, che ha reso l’uomo occidentale una specie distinta da tutti gli alttri esseri viventi, è messa in discussione.
Philippe Descola ne rivela tutta la relatività dandoci molti esempi di popoli che vivono in comunione culturale con gli elementi non umani, ovvero con gli animali, le piante, le montagne, l’acqua, le rocce, il cielo. Dovendo rivedere il nostro legame col non-umano, si può rileggere il paesaggio in chiave artistica per cambiare i codici della rappresentazione e gli sviluppi del nostro pensiero, per relativizzarli e, perché no, offrirne di nuovi.
Karine Maussière è andata in giro per il mondo, e ha tracciato la propria linea d’orizzonte. L’artista Karine Maussière, girovaga fuori dal tempo, è una
fotografa. Scatta immagini istantanee con una piccola fotocamera Instax, con tutto quanto ciò comporta in termini di unicità, imprevedibilità, casualità. Abitando sulla costa Mediterranea, l’artista riprende il mare a perdita d’occhio, e le Alpi prive di qualsiasi presenza. Crea dei polittici utilizzando sequenze su pellicola istantanea, ciascuna incastonata nelle classiche orlature bianche. Studia la loro collocazione una a fianco all’altra, in modo che la linea
d’orizzonte determini la traccia generale dell’assemblaggio. Per questo le fotografie, dando la precedenza all’orizzonte, si presentano tra loro sfalsate, o a formare una curva. Karine si rifà alla concezione cinese del paesaggio. In ogni paesaggio Shanshui l’acqua e la montagna sono sacre. In ogni paesaggio Shanshui anche la calligrafia ha la sua importanza. Il gesto fotografico di Karine Maussière è un gesto calligrafico. Mi spiego: i bordi bianchi determinano degli sbalzi nel paesaggio, come distanze di tempo e di spazio impossibili da misurare tra una Polaroid e l’altra. Due uguali bordi bianchi possono significare un lasso di pochi secondi oppure di intere giornate, così come rappresentare un solo passo o una camminata di quaranta chilometri. Le posizioni sfalsate sono come allusioni a movimenti della testa, le variazioni cromatiche come richiami alla precarietà della condizione umana.
La questione del paesaggio, che sia di ieri o di oggi, di Guilin oppure di Marsiglia, è sempre la stessa: dove collocare l’uomo? Quale posto si riserva il fotografo e con lui lo spettatore? L’artista sceglie i propri punti di forza nelle vedute che compone, e ciacuno di essi, minuscolo o enorme che sia, rivela attraverso l’opera la sua personale filosofia.

Laëtitia Bischoff